Lo so, lo so. Uno dei temi più caldi degli ultimi decenni è sicuramente il cambiamento climatico. Il gioco di parole è voluto. La deforestazione è tra le conseguenze più deleterie che abbiamo fatto patire al nostro pianeta, fenomeno alimentato, anche, dall’industria della carta. Quindi, per anni, ho cercato di essere il più paperless possibile. Non è una sfida impossibile e anzi, continuo a usare il digitale. Esiste un “ma” e Tyrion Lannister disse che tutto quello che viene prima del “ma” va ignorato.
Il digitale porta con sé una serie di vantaggi che non possono essere ignorati. Per come sono creati i servizi digitali, oggi rispondono quasi a ogni esigenza. Sono multipiattaforma, disponibili per dispositivi mobili e personal computer o tramite “banali” siti web. Il risultato è che, non importa dove, come e quando sei, hai i tuoi contenuti.
Per contenuti intendo almeno tre cose. I documenti/file, l’agenda e il motivo principale per cui scrivo questo articolo: la lista delle cose da fare.
La lista delle cose da fare è stata, ed è tuttora, un’ossessione. Avere da qualche parte una precisa linea da seguire su cosa fare e quando è per me – e credo per tutti – più che necessaria. In realtà, prestando attenzione ai nostri pensieri, ci accorgiamo che la maggior parte delle cose che facciamo sono “automatiche” e frutto di una checklist che è nella nostra mente.
Dove fare la lista delle cose da fare
Ma questa lista, dove la tengo? In una delle mille app, sempre disponibile ovunque e comunque? Per anni ho tentato di utilizzarne qualcuna e le ho provate tutte o quasi. Ho perso ore su YouTube ad ascoltare sermoni su quale fosse quella migliore.
La mia opinione non richiesta è che nessuna app è migliore. Fanno tutte la stessa cosa, alcune con un modo per noi più intuitivo di altre. Ho abbandonato le app mille volte e probabilmente continuerò a farlo, nell’estenuante ricerca del “modo migliore per fare le cose”.
Ora, il modo migliore per fare le cose è farle. A fine giornata, lo strumento che mi fa davvero portare a termine le task (ciao Milano) è carta e penna. È il modo migliore anche perché mi fa venir voglia di farLe le cose. Nello specifico, per me è un santissimo quaderno.
I vantaggi della to-do list su carta (e penna)
Scrivere la lista delle cose da fare a penna sulla carta ha una serie di vantaggi che il digitale non potrà mai eguagliare.
Scrivere sulla carta richiede più tempo. È meno immediato. Le maiuscole non appaiono in automatico. In parte ti costringe a stare con quello che stai scrivendo, ad essere presente. Il digitale è più labile e c’è una distanza fisica e cognitiva tra le tue dita che colpiscono un oggetto e le parole che appaiono in un’altra parte dello stesso oggetto.
Se scrivi a penna no, le parole sono una diretta conseguenza del tuo movimento. Mi direte, è la stessa cosa scrivendo sulla tastiera. No. Non ho una spiegazione, non ho una ragione logica e vi dirò semplicemente no.
Esistono molti articoli, anche pubblicazioni scientifiche, che dimostrano, o almeno argomentano, che scrivere a penna un concetto aumenta la probabilità di ricordarcelo. Non starò a citarli, non ne ho voglia e poi dovrei cercarle e ora invece voglio scrivere (in digitale!).
Se poi fai una lista delle cose da fare su carta hai una soddisfazione e una frustrazione che ti aiuteranno. La gioia che provi nel depennare qualcosa a mano non sarà mai eguagliata da nessun tap su nessuna app.
Forse è perché, malgrado l’accelerata che avuto la tecnologia, continuiamo (almeno per i primi anni di scuola) a scrivere su carta. Questo crea un legame (credo) tra il nostro modo di imparare e memorizzare – e forse anche di dare valore alle informazioni – e la carta.
Scrivere una to-do list che ti aiuta davvero a fare le cose
Non ho una lista di cose da fare infinita che spunto, anzi in realtà sono molto più sadico. Ho una lista di cose da fare in una giornata. So bene che non le farò tutte. Dedico una pagina a ogni giornata e scrivo tutte le cose che devo fare. Quelle che faccio le spunto, quelle che non faccio, le devo ritrascrivere nella pagina successiva, per farle il giorno dopo.
Il risultato è che così mi stimolo (in modo sadico l’ho detto) a chiuderle, così posso smettere di riscriverle più e più volte, giorno dopo giorno. È un lavoro di auto-logorio che però mi fa portare a termine le cose.
E anzi, se una data attività la trascrivo da talmente tanto tempo che ‘manco mi ricordo perché era importante farla, a un certo punto capisco che può non essere fatta, che se fosse importante l’avrei già depennata. Quindi smetto di trascriverla. So cosa state pensando e no, non mi è mai successo che una cosa abbandonata a sé stessa nel passato delle trascrizioni tornasse a perseguitarmi.
Quindi, carta e penna per sempre? Come ho detto continuerò a provare le varie app e continuo a sperare un giorno di poter abbandonare la carta. Giusto per mettere a posto la mia coscienza e poter dire di essere un umano paperless.
Già essere un umano è un’affermazione importante, comunque.
Affidare i pensieri alla carta è diverso
Tutto questo ha senso se parliamo “solo” di produttività. Ma non siamo macchine che eseguono compiti, siamo persone che vivono. Non sono mai stato un amante della distinzione netta tra vita e lavoro (non si smette di vivere quando si lavora) ma, se un confine c’è, è tra ciò che facciamo perché dobbiamo (e qui rientra anche stirare e lavare i piatti, non solo l’ennesima pratica che ci ha affibbiato il capo) e ciò che facciamo perché vogliamo (anche quella pratica che abbiamo chiesto al capo di farci seguire).
Le to-do list app non ci permettono di tenere traccia di questo, della vita. Su un quaderno puoi annotare infinite informazioni, rilevanti e irrilevanti, che compongono la tua vita. Come ti senti. Se hai seguito la dieta. Se sei felice di aver chiesto un aumento. Se sei triste perché fuori piove. Puoi annotare che il tuo superiore ti ha fatto un complimento per un lavoro e far diventare quello un modello per i tuoi prossimi lavori. Puoi annotare che hai preso l’aspirina alle 12 e quindi la prossima la devi prendere 6 o 8 ore dopo.
Sulla carta c’è lo spazio per raccontare la vita. E quando le pagine del tuo quaderno saranno finite, potrebbero essere un diario che un giorno sfoglierai rievocando ricordi.
Potrai leggere tra le righe delle tue parole e non diventeranno mai obsolete. Quella carta non smetterà mai di ricevere assistenza o aggiornamenti. Non perderai quello che conserva perché avrai dimenticato la password. Esiste una solidità del materiale che perdura nel tempo che il digitale non sarà mai in grado di eguagliare.
Non so bene da quanto tempo l’umanità affida la propria conoscenza e i propri pensieri alla carta, all’analogico. Affidiamo le nostre vite al digitale da talmente poco e con così scarsi risultati in termini di lungimiranza che faremmo torto alla nostra storia, ai nostri antenati, nell’abbandonarla.
E il paperless? E il cambiamento climatico? E la deforestazione? Esistono e sono problemi di cui dobbiamo essere consapevoli e che dobbiamo affrontare. La domanda tra le righe con cui vi lascio, però, è: quanto inquina il server su cui è memorizzata la nostra lista digitale di cose da fare?